ROCKOL
3.5 stelle
http://www.rockol.it/recensioni-musicali/d...ful-crazy-nightNell’immaginario, Elton John rimane per molti il cantante pop, il divo bizzoso. E la copertina di “Wonderful crazy night” non fa nulla per smentire quest’immagine: visibilmente dimagrito, sorriso contagioso, occhialoni bizzarri, sfondo colorato. Ma è un’illusione ottica.
E’ curioso che Sir Elton venga a presentare questo disco al Festival di Sanremo - dove si verificò, 21 anni fa, una delle sue più leggendarie scenate: narra la leggenda che Elton rimase imbottigliato nel traffico tra l’aeroporto di Nizza e la città ligure, e decise di tornare indietro, per la disperazione dei discografici che lo stavano accompagnando. Baudo poi raccontò di averlo cacciato lui (non era vero, ma Baudo era Baudo). La sala stampa venne informata all’ultimo; alcuni quotidiani, che avevano già chiuso le pagine, uscirono raccontando un'ospitata che non c’era stata.
Elton John non è più quella star viziata da molto tempo, ormai. O, meglio, non lo è del tutto. Certo, rimane un personaggio pubblico molto in vista, oltre la musica: è un paladino contro l’omofobia (impegno che lo ha portato a recenti e violenti scontri anche con politici italiani), e i giornali di gossip indagano volentieri su di lui.
Ma sulla musica si è rimesso in carreggiata da molto tempo. “Wonderful crazy night” è la chiusura di una seconda trilogia. La prima, quella della rinascita, era cominciata con “Songs from the west coast” (2001), e il riavvicinamento ai suoni e allo spirito di capolavori come “Tumbleweed connection”. La seconda è cominciata con “The union”, il disco a 4 mani con Leon Russell del 2010, e proseguita con “The diving board”. Questa seconda trilogia ha un deus ex-machina, uno dei più grandi produttori americani, T Bone Burnett, alla consolle anche in questo album.
“Wonderful crazy night” è però, per certi versi, il disco più debole di questa trilogia. Elton John ha detto di aver voluto incidere un disco rock ’n’ roll, ed è vero: è un disco decisamente più allegro dei due precedenti, più intimisti, ma anche più intensi.
Qua ci sono tante chitarre, quelle del collega storico Davey Johnston: sono spesso in primo piano, con avere una predilezione per la 12 corde, che compare in diversi canzoni come “Blue wonderful”, “Guilty pleasure”, “Claw hammer" e fa molto anni ’60. La mano di T Bone Burnett si sente soprattutto nell’impasto dei suoni, e in qualche raffinatezza, come il finale piano e fiati di “Claw hammer”, o l’organo che apre “Looking up” prima del piano quasi honky-tonk. Tutti piccoli tocchi che evitano a Elton John di sbracare, o di fare canzoni troppo caciarone. Anche se il modello di riferimento di “Wonderful crazy night”, in sostanza, rimane più “Crocodile rock” che “Madman across the water”.
Il risultato è un buon disco pop rock, dai suoni pulitissimi, accessibile e godibile anche chi ha seguito solo in parte le vicende musicali di Elton negli ultimi anni e vuole un disco diretto e divertente.